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Museo Archeologico Regionale di Agrigento

Museo Archeologico Regionale di Agrigento

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Museo Archeologico Regionale di Agrigento
Museo Archeologico Regionale di Agrigento
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Uno dei musei più importanti del mondo che conserva soprattutto i reperti dell’antica Akragas, potenza siceliota del V sec a.C. Di grandissimo impatto emotivo sono certamente la collezione di crateri, il meraviglioso efebo marmoreo, la collezione preistorica e , su tutti, i telamoni, gigantesche statue maschili che sorreggevano a mò di colonne la trabeazione del tempio di Zeus.
Il museo, situato a ridosso delle celeberrima valle dei templi ed ospitato tra il  trecentesco convento di S. Nicola ed gli evocativi ruderi dell’ekklesiasterion, del bouleuterion e dell’oratorio di Falaride (foto), presenta inoltre epigrafi, splendide monete e meravigliose ceramiche.
L’ingresso al museo è costituito dal chiostro porticato dell’abbazia cistercense.
Sulla parete del lato occidentale del chiostro si trova un lungo sedile proveniente dal ginnasio della agorà inferiore, recante una iscrizione in caratteri greci con dedica ad Ermes ed Eracle, divinità protettrici degli atleti.
Ma adesso è l’ora di farci una passeggiata all’interno del museo.
Appena entrati la prima sala è dedicata alle fonti antiche e alla topografia generale.
La fondazione di Akragas avvenne nel 580 a.C. ad opera di coloni rodio-cretesi provenienti da Gela.
Akragas fu il nome con cui i Greci la chiamarono sin dal primo momento (forse come l’omonimo fiume).
Segue una collezione di vari reperti dell’età preistorica nell’agrigentino come alcuni vasi che provengono dal sito di Serraferlicchio, caratterizzati da una ceramica dipinta in nero con motivi geometrici su fondo rosso violaceo che rappresenta uno stile tipico della media età del rame siciliano del III millennio a.C.
Le forme sono varie e comprendono olle globulari, scodelle, bicchieri o tazze ad una sola ansa …
A seguire altri splendidi reperti di questa epoca pre-greca (tra i quali vasi a fruttiera o coppe su piede; brocche e bicchieri nello stile della civiltà di Castelluccio caratterizzata da una ceramica dipinta opaca in nero o bruno su fondo rosso o anche giallino, i cui motivi decorativi e le cui forme presentano scarsa varietà e si ripetono con grande frequenza).
Poco oltre si trovano esposti i materiali archeologici provenienti dalla vicina Gela, la madrepatria di Akragas. Si trovano materiali di fabbrica protocorinzia e corinzia del VII secolo a.C. come lucerne, vasi, statuine di terracotta …
Si passa quindi alla Sala III, superba, caratterizzata dalle ricchissime collezioni vascolari, provenienti dalle necropoli agrigentine, i cui corredi, nel corso dell’ottocento, arricchirono (purtroppo !) di preziosi esemplari di ceramica attica a figure nere e a figure rosse alcuni dei più grandi musei stranieri (BritishMuseum di Londra, Louvre di Parigi, KleinkunstMuseum di Monaco di Baviera)
I vasi partono dal VI secolo a.C. sino al III secolo a.C. e sono un campionario eccellente della ceramica attica a figure nere, a figure rosse e a fondo bianco (cratere con Perseo che libera Andromeda).
La tecnica a figure nere, ebbe inizio nel VII secolo a.C. ed occupò quasi tutto il VI secolo a.C.,.
Le figure sono dipinte in nero su fondo rosso del vaso.
Molte di esse presentano  il bianco soprattutto per le parti nude femminili.
Verso la fine del VI secolo a.C. inizia ad imporsi la tecnica a figure rosse, che convive fino all’inizio del V secolo a.C. con la tecnica a figure nere.
Bellissimo, di questo periodo, il cratere attico attribuito al Pittore di Kleophrades del 500 circa a.C. uno dei grandi capolavori della ceramica attica di stile severo.
Racconta della deposizione o trasporto di un guerriero defunto, forse Patro, coperto da un mantello fastosamente ornato. Il guerriero è sorretto da due compagni d’esercito, uno dei quali parzialmente ricoperto dallo scudo. Dietro il corpo senza vita del guerriero, il cui eidolon (spirito) si libra in volo rappresentato dalla nudità eroica, vi è un terzo guerriero nell’atto di compianto.
Questo cratere per raccontarne uno dei tantissimi altri presenti,  capolavori assoluti che lasciano veramente senza fiato il visitatore.
Continuando oltre sono esposte una serie di grondaie in pietra, con un solo esemplare in marmo, che provengono da edifici templari e pubblici acragantini databili dalla fine del VI secolo a.C. sino al III secolo a.C.
Queste grondaie avevano la funzione sia di scaricare il flusso delle acque piovane dal tetto dell’edificio, sia spirituale di difesa da qualsiasi calamità potesse abbattersi sul tempio.
La successiva Sala V è dedicata ai tanti santuari agrigentini. Si tratta in gran parte di terracotte votive, estremamente espressive, rappresentanti: divinità che recano spesso un copricapo (polos o kalathos) ed una serie di collane sul petto; statuette femminili di offerenti che portano doni (un fiore, un vaso, una fiaccola, e molto spesso un porcellino) di età arcaica, classica ed ellenistica (VI-III secolo a.C.).
Un curioso reperto è il tubo fittile ,databile alla seconda metà del VI secolo a.C.,con orecchie e capigliatura femminile ed attraverso il quale, una volta infisso nel terreno, si poteva comunicare con il mondo degli inferi.
Da un pozzo a nord del Tempio di Eracle provengono alcune bellissime statue, certamente tra le espressioni più importanti della produzione plastica acragantina in terracotta ed in marmo.
Tra queste segnaliamo la testa fittile di kouros o sfinge, opera notevole dell’ultimo quarto del VI secolo a.C.  e la testa maschile anch’essa in terracotta della seconda metà del V secolo a.C..
Al centro di questa grandissima sala è un vano centrale, sottomesso, che domina la scena. E’ la sala dedicata al tempio di Zeus una delle costruzioni più maestose e nello stesso tempo la più originale di tutta l’architettura greca. Oggi completamente distrutto (rimangono le sue imponenti rovine) il tempio misurava qualcosa come 112,70 x 56,30 metri. E doveva probabilmente essere alto circa 30 metri !
Questo colossale monumento venne eretto dagli acragantini per celebrare la vittoriosa  battaglia di Himera riportata dai Greci sui Cartaginesi (480 a.C.).

 

La più appariscente caratteristica della sua costruzione erano itelamoni che sostenevano il peso della trabeazione.
Rimane stupito il visitatore che osserva questi giganti di pietra alti quasi 8 metri !
Il loro numero fu di 7 sulle fronti e di 14 sui lati lunghi. Un plastico ricostruisce il tempio e da una perfetta idea di come doveva essere.

 

 

Altro grandissimo capolavoro, sopra i Telamoni, è la statua di Efebo in marmo greco alta m 1,02 databile al 480 circa a.C. Si tratta di un’opera originale dell’epoca di Terone stante con le braccia e la gamba destra portate in avanti e con braccio destro sollevato a reggere forse una phiale. Il tipo è del kouros (giovinetto).
Poco oltre è la sala X, dedicata agli edifici pubblici civili agrigentini (agorà, bouleuterion ed ekklesiasterion). Tra i materiali rinvenuti si segnala il tesoretto di aurei romani costituito da 52 monete della fine del III secolo a.C. caratterizzate nel dritto dalla testa di Marte elmato e sul rovescio dall’aquila ad ali spiegate.
Segue la sala dedicata alle necropoli agrigentine che si trovavano a ridosso della città antica.
La tipologia delle tombe è varia: troviamo tombe a cassa costruite con conci squadrati di tufo; sepolture in anforoni e giare per inumazioni di bambini; tombe con tegole alla cappuccina; pozzetti contenenti il cratere cinerario …
Particolarmente ricchi sono i corredi databili tra il 480 ed il 430 a.C., il momento di massimo splendore della potente Akragas.
A questa sala segue una delle sezioni più spettacolari del museo: quella dedicata alla preistoria dell’agrigentino.
Veramente bellissima l’esposizione e con diversi pannelli che illustrano la storia della preistoria in Sicilia.
Segnaliamo, tra i tantissimi, i reperti castellucciani dell’età del Bronzo. Si tratta di vasellame dipinto, di corni fittili, di fusaiole e di oggetti votivi tra cui un modello di capanna-tempietto in terracotta databili nella prima metà del II millennio a.C; alcune coppette di impasto grigio-scuro dalle caratteristiche anse con orecchi equini databili alla prima metà del II millennio a.C. ; ceramica con il caratteristico vasellame lustrato in rosso e a bellissima decorazione geometrica;  bacili bronzei di tipo cipriota del XIII-XII secolo a.C.; un bel frammento di anfora micenea; i caratteristici bicchieri di stile campaniforme; diversi idoletti …
Buona visita

 

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