Coste di Santa Febronia / Palikè
Coste di Santa Febronia 37°19'29.71"N 14°45'43.72"E
Siamo dalle parti di Palagonia, dove le arance sono una cosa molto seria !
Come i tarocchi di Sicilia, rossi e sanguigni.
Questi siti sono di assoluto valore e meriterebbero una scheda singola.
Ma gli abbiamo voluti mettere insieme perché sarebbe un grande (e grave) errore visitare l’uno senza visitare l’altro, data la loro vicinanza.Le coste di Santa Febronia , sopra il paese di Palagonia, sono una montagna a dominio della piana di Catania la quale quest’ ultima, nei millenni, ha ospitato i Siculi, popolazione pre-greca.
In questa altura hanno vissuto veramente tutti: a partire dai preistorici siciliani di 2000 anni fa, passando da greci, bizantini e arrivando sino al medioevo.
Questo costone, già suggestivo paesaggisticamente, ospita una serie di interessanti emergenze che emergono tra le conchiglie di 5 milioni di anni fa, una volta nel mar Mediterraneo oggi quassù, fossilizzate, causa movimenti tettonici vari !Attraverso un lungo corridoio a mezza costa che si affaccia sulla sottostante vallata della pianura di Catania, si percorre un sentiero che costeggia la montagna.
Esso è caratterizzato da una serie di grotte abitazioni molto interessanti, con presenza di cisterne, finestre sul panorama nicchie varie per chissà quali utensili.
Alla fine di questa passeggiata si arriva all’eremo di Santa Febronia del VII secolo a.C., eccezionale santuario cristiano scavato nella roccia. Al suo interno una serie di affreschi (in foto il Cristo Pantocratore).
Se invece di arrivare in fondo sino all’eremo, a metà percorso, ci si inerpica attraverso una suggestiva scala intagliata nella roccia, si arriva, dopo aver passato una necropoli con tombe a grotticella, alla sommità della montagna che mostra ancora i fori per l’inserzione dei pali delle capanne (foto) !
Ritornando all’eremo, poco sotto è un abbeveratoio-lavatoio dal quale sgorga una pura e perenne acqua.
Tutto il costone presenta una serie di grotte – abitazioni con ancora delle incisioni sia di figure che di scritte del periodo siceliota (o greco) tra le quali una recita così: “Ninfodoro ha qua sodomizzato la bella Damylys la quale ne è rimasta molto contenta” (foto).
Quasi dentro l’abitato di Palagonia è la cosiddetta basilichetta di San Giovanni (foto) affascinante e misteriosa costruzione dove splendidi archi sopra i capitelli si rincorrono nel cielo.
L’aspetto ricondurrebbe ad una costruzione paleocristiana (400 d.C.) ma niente di strano che fosse originariamente un tempio siculo o greco.
PALIKE 37°19'26.04"N 14°41'58.28"E
Ma certamente grande regina dei luoghi è Palikè (foto), in senso assoluto uno dei posti più significativi e suggestivi della Sicilia archeologica e dei siciliani che vogliono studiare la loro storia.
Si tratta di una rocchicella ovvero di una montagnola dentro la piana di Catania. Palikè emerge improvvisamente tra i campi ed i silenzi.
Questa bucolica rocchicella è stata la sede del popolo dei Siculi che prima dell’arrivo dei Greci in Sicilia (VIII sec a.C.) governavano questa parte di isola. Il loro capo si chiamava Ducezio, e fu per i Greci quello che gatto Silvestro è per il canarino Titti: un tormento !
Fu esiliato non si sa bene quante volte, ma sempre ritornava, si riorganizzava e metteva subbuglio tra i sicelioti.
Palikè, vero e proprio batuffolo archeologico bucherellato da tombe a grotticella scavate nella roccia, presenta nella sua parte basale un enorme grotta, forse il luogo sacro più rinomato dell’antichità nella Sicilia pre-ellenica: il Santuario dei Palici (foto).
A ridosso di esso vi erano due laghetti artificiali (foto di inizi ‘900), di natura vulcanica, oggi scomparsi, che a causa delle loro emissioni gassose e del bollore dell’acqua suscitavano negli antichi antenati dei siciliani divine emozioni. I due laghetti erano conosciuti come i fratelli Palici (le divinità).
Nel tempo assunsero il nome di Naftia e verso il 1940 furono inglobati da un’industria che produce bombolette di ossigeno, ghiaccio secco … Brutta fine per gli antichi dei !
Palikè è tutta meravigliosa, anche solamente passeggiarla nel suo perimetro con quella natura selvaggia, aspra, con i fichidindia che non sanno più come inerpicarsi nella rocca e che si insinuano tra le tante tombe a grotticella.
In cima, raggiungibile tra sentieri e scale intagliate nella roccia, i ruderi di una città del IV secolo a.C.
Anche se comunque fu abitata sin dalla preistoria tanto che sono stati ritrovati strumenti in selce utilizzati nella caccia dell’uomo preistorico siciliano, 12.000 anni fa, e ossa animali di bosprimigenius, cervuselaphus edequushidruntinus (più semplicemente: buoi, cervi e cavalli)
A ridosso della grotta-santuario sono stati scavati ruderi di imponenti costruzioni del V secolo a.C.
Si tratta di un hestiaterion (edificio per banchetti, ricostruzione in foto) e nelle terrazze inferiori due stoai (portici con locali di servizio).
Vi è anche un piccolo antiquarium. Nella parte opposta al santuario sono altri interessanti edifici, attualmente inaccessibili.
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